Progetto della Dott.ssa Rosa Geccherle – Studio Annedotico di Caso

“scusi,Lei èmedico o anestesista?”
9 gennaio 2015
CONFERENZA SU SNOEZELEN LE BASI NEURO FISIOLOGICHE DELLA STIMOLAZIONE MULTISENSORIALE
13 dicembre 2015

Progetto della Dott.ssa Rosa Geccherle – Studio Annedotico di Caso

UTILIZZO DI TECNICHE DI MUSICOTERAPIA IN AMBIENTI SNOEZELEN PER L’AIUTO E IL SOSTEGNO TERAPEUTICO NEL DISAGIO SOCIALE

Presentazione

Il C.E.R.R.I.S (Centro Educativo Riabilitativo di Ricerca e di Intervento Sociale) è un centro dell’ULSS 20 di Verona. Si propone come struttura d’appoggio in vari ambiti d’aiuto rivolti alla disabilità e al disagio sociale e di sostegno alla vita familiare.
In sede sono operativi il centro diurno, un centro residenziale per persone portatori di gravi handicap psico-fisici eterogenei per età, sesso, tipologia e gravità e due comunità educative per minori con grave disagio sociale.
Il centro offre agli ospiti una gamma di prestazioni e di servizi come l’attività motoria riabilitativa (anche individualizzata), idroterapia, logopedia; prestazioni di carattere assistenziale come la cura e l’assistenza della persona, assistenza e accompagnamento; prestazioni educative e psicosociali come l’elaborazione di progetti educativi individualizzati, supporto psicologico, gestione dei rapporti con le famiglie, sviluppo e mantenimento di autonomie, risorse e capacità del singolo e attività ludico-ricreative.
In linea con la vasta gamma di interventi il CERRIS ospita al proprio interno a beneficio dei propri ospiti un ambiente di stimolazione plurisensoriale Snoezelen.

A seguito dell’iniziativa di istituire borse di studio, in collaborazione con il conservatorio “Dall’Abaco” di Verona, l’Associazione Snoezelen Onlus, nata per incrementare la conoscenza e lo sviluppo della metodologia Snoezelen, in continuazione con quanto già fatto, si propone di utilizzare fondi propri uniti a quanto offerto dalla Fondazione Cattolica Assicurazioni per sostenere progetti di studio e di ricerca nell’esplorazione delle potenzialità della stanza Snoezelen.
Il progetto accolto intende realizzare un’esperienza di ricerca applicata in stanza Snoezelen presso il CERRIS con la presenza di un operatore musico-terapeuta. L’operatore effettuerà interventi di musicoterapia a sostegno di interventi psicologici come pre-terapia a favore di un soggetto minore residente per problematiche relative a disagio sociale derivato da abuso, utilizzando modelli musicoterapici integrandoli con le strumentazioni presenti evidenziando, quale obbiettivo ulteriore del progetto, l’opportunità di utilizzare la musicoterapia come elemento potenziante le risorse della stanza.
Il «metodo Snoezelen» utilizza effetti luminosi, musicali, uditivi, tattili, aromatici e forme per stimolare i sensi: tale approccio è utilizzato quotidianamente in svariati campi della riabilitazione e della terapia clinica. Si tratta, quindi, di un linguaggio dei sensi vicario di quello tradizionale: il linguaggio tradizionale infatti presenta difficoltà insormontabili per soggetti con deficit intellettivi e gravi patologie degenerative o congenite.
Il progetto ha funzione di dare continuità all’esperienza di ricerca effettuata presso il CERRIS negli anni precedenti dai vincitori delle borse di studio erogate dall’associazione ed essendo progetto di ricerca prevede il monitoraggio dei risultati, la stesura di una relazione finale.
I risultati attesi da tale progetto sono una maggiore relazionabilità con la verbalizzazione dei vissuti legata ad un accresciuto benessere psico-fisico.

STIMOLAZIONE MULTISENSORIALE – APPROCCIO MUSICOTERAPICO

Assessment iniziale

Prima di procedere con attività strutturate è fondamentale andare a definire i bisogni e le capacità di ogni soggetto coinvolto nella ricerca. Il campo applicativo dell’intervento multisensoriale deve essere valutato alla luce della singola persona e calibrato singolarmente sui suoi bisogni effettivi del momento stabilendo una sorta di “Dieta Sensoriale”. Gli obiettivi generali della ricerca prevedono di osservare quali variazioni si creano a livello emotivo-relazionale nonché corporeo con l’attività di musicoterapia associata alla stanza Snoezelen.
Il soggetto che si è preso in esame è una minore residente nella comunità sottoposto a tutela del Tribunale dei Minori per grave disagio sociale e abuso. Per poter spiegare più concretamente in cosa consiste l’intervento che si é effettuato è opportuno chiarire le problematiche che si intendono affrontare e fissare gli obiettivi di studio e di intervento.
E’ possibile definire il disagio sociale grave in modi molto diversi. L’aspetto fondamentale è quello rappresentato dalla condizione del soggetto coinvolto, impossibilitato a scegliere o a comprendere correttamente quello che sta accadendo o che viene proposto.
Il disagio sociale si percepisce ancora più aspro quando si tratta soggetti in età evolutiva e si può definire come “la manifestazione presso le nuove generazioni delle difficoltà di assolvere ai compiti evolutivi che vengono loro richiesti dal contesto sociale per il conseguimento dell’identità personale e per l’acquisizione delle abilità necessarie alla soddisfacente gestione delle relazioni quotidiane” (Neresini & Ranci, 1992). E’ una “sindrome esistenziale” che porta un individuo a non sentirsi motivato al lavoro scolastico, a non accettare più le regole della vita collettiva, a rifiutare la vita quotidiana, ad assumere comportamenti disfunzionali al proprio bene e a quello degli altri.
I compiti evolutivi che normalmente vengono richiesti a soggetti in questa fase sono:
• Sapersi adattare a rapidi cambiamenti somatici
• Accettare le proprie pulsioni e padroneggiarle secondo valori condivisi
• Sviluppare indipendenza ed autonomia
• Operare scelte relative ad un proprio sistema di valori
• Saper instaurare e mantenere rapporti coi coetanei
• Partecipare a gruppi
• Stabilire un’interazione adeguata con le istituzioni sociali (scuola, lavoro..)
• Progettare il proprio futuro

Per motivi di tutela della riservatezza della minore coinvolto non si intendono dare ulteriori dettagli sul soggetto ma fare un quadro sufficientemente motivato per comprendere quali sono difficoltà e i bisogni della persona coinvolta.
Uno degli aspetti importanti è l’allontanamento dalla famiglia che coinvolge necessariamente non solo la visione di benessere generale della persona ma anche aspetti organizzativi più pratici della vita quotidiana. Per ogni individuo esiste un progetto educativo individualizzato che individua specifici obiettivi, tra cui anche quelli legati alla gestione logistica dei propri spazi quali, per esempio, ordine e pulizia degli spazi personali, piccole responsabilità quotidiane, legame e convivenza con altri ospiti del centro.
Gli indicatori comportamentali che sono riscontrabili in soggetti fortemente disagiati prevalentemente nella fase dell’adolescenza sono:
– Passività, paura, sfiducia verso gli adulti
– Comportamenti di fuga e isolamento, condotte devianti
– Comportamenti autolesionistici
– Conoscenze e comportamenti sessuali inadeguati per l’età, atteggiamenti seduttivi oppure paura e/o rifiuto del sesso
– Difficoltà a stare in relazione con i coetanei (atteggiamenti aggressivi)
– Calo del rendimento scolastico
– Difficoltà dell’attenzione
– Sintomatologie aspecifiche quali disturbo del sonno, ansia, depressione, sintomi ipocondriaci

Il soggetto che il centro ha individuato quale destinatario del progetto è una minore che per diversi aspetti si rispecchia nelle caratteristiche elencate. Per la sua difficoltà a verbalizzare i vissuti interiori si è ipotizzato di utilizzare la musicoterapia in stanza Snoezelen come pre-terapia per agevolare l’espressione delle emozioni.
Lo strumento utilizzato è la voce e il canto quale veicolo di emotività corporea per superare temporaneamente l’incapacità o la negazione alla comunicazione. Uno degli assunti di base di questo progetto parte, infatti, dalla considerazione che la voce ci rappresenta e “parla di noi e per noi”.
Dietro le quinte della vocalità si nascondono diversi “burattinai”; la natura fornisce il materiale anatomico di base ma a condizionarne la fisiologia sono gli eventi che si vivono nel corso della vita e le condizioni di ascolto.
Non c’è niente di casuale nei parametri che contraddistinguono la comunicazione abituale: tono, volume e modalità adottati formano una sorta di “fotografia sonora”. Se dunque la comunicazione verbale è un raffinato gioco di scatole cinesi dove il contenuto razionale è veicolato dalla parola ma il contenuto emotivo è affidato alla voce, l’utilizzo del canto si pone come esaltazione di modalità comunicative dove inoltre è necessaria anche una consapevolezza corporea. La voce racconta, al di là delle parole, la percezione che si ha di sè stessi e degli altri nella relazione comunicativa. E’ uno strumento capace di sintonizzarsi su ogni emozione, portatrice di straordinaria ricchezza in cui è racchiusa una grande vulnerabilità; la voce è capace di sopportare sforzi ripetuti e prolungati ma pronta a capitolare di fronte alla paura, all’ansia, all’incapacità di relazionarsi con gli altri (vedi Gilardone con “Elementi di psicologia della voce”)
La persona, soprattutto giovane, con forte disagio sociale si rappresenta idealmente e sostanzialmente “muta” rispetto a contenuti veri e profondi.

Obiettivi

Partendo dal presupposto che MT non è uno strumento alternativo alle essenziali terapie psicologiche e/o farmacologiche, si può affermare che, se adeguatamente inserita in un piano terapeutico, questa disciplina può agire in modo positivo ed efficace.
Essa si basa sul sistematico uso di strumentazione musicale nello specifico caso nell’uso della vocalità per migliorare la comunicazione tra musico-terapeuta e utente. Anzi si è previsto di studiare proprio il potenziale duplice del rapporto empatico che si crea tramite una sessione di MT all’interno di un ambiente protetto e stimolante quali le stanze Snoezelen. La MT mira a raggiungere l’ adattamento positivo di un paziente all’ambiente sociale attraverso l’istituzione di un’ interna condizione armoniosa. Essa può favorire il mantenimento del senso di identità e può stimolare le funzioni cognitive globali, di cui valida ipotesi è la possibilità di attivare ed espandere le capacità espressive e relazionali non verbali che persistono nella vita dell’individuo come modalità di esperienza interpersonale.
In questo progetto la canzone sia cantata che auto-prodotta può promuovere la comunicazione intersoggettiva. Nel canto e nelle prestazioni suono-musica il soggetto trasmette i suoi sentimenti e le sue emozioni e stabilisce una “sintonizzazione affettiva” con il musicoterapista stimolato a modificare il suo status globale.
Il secondo obiettivo riguarda l’effettiva possibilità di testare l’efficacia degli ambienti Snoezelen di potenziare le abilità degli utenti tramite la stimolazione plurisensoriale con la finalità di ri-attivare il contatto e condurre la persona ad una più organica relazione sociale con gli altri partendo dalla accettazione di sè stessi e con il proprio mondo interiore. Il benessere non solo come obbiettivo ma come veicolo di informazioni cognitive più complesse.
La minore sostanzialmente presentava una diffidenza di base verso il mondo esterno con comportamenti di evitamento. Essa aveva una scarsa opinione delle proprie potenzialità minando costantemente la fiducia nel costruire eventi di successo, tendeva ad adagiarsi in una sorta di status quo, di adeguamento a quello che gli altri pensavano di lei. Il progetto ha avuto come obiettivo specifico quello di contenere il vissuto persecutorio e fornire degli agganci per costruire piccole ma significative esperienze positive e migliorare la fiducia nelle proprie capacità e talenti personali.

Struttura, calendario, protocollo

La stesura originaria del progetto prevedeva l’utilizzo di tecniche musicoterapiche alla fine della creazione di canzoni con testi prodotti dall’utente.
Dopo una serie di colloqui e incontri con i responsabili del servizio psicologico e con i responsabili del gruppo di riferimento si sono individuati gli obiettivi in accordo con il Progetto Educativo Individualizzato.
Il progetto è iniziato nel mese di luglio 2014 ed è terminato nel mese di gennaio 2015.
Gli incontri si sono succeduti regolarmente a cadenza bisettimanale con sessioni della durata di un ora e mezza per un totale di duecento ore frontali.
I risultati sono stati regolarmente relazionati al responsabile Psicologo di struttura Dott. Varalta.
Per questo progetto non si è istituito un protocollo di osservazione in quanto non si tratta specificamente di una ricerca ma dello studio di un singolo caso.
Sono stati comunque mantenuti caratteri di scientificità nell’osservazione dei cambiamenti, soprattutto nella quantità e qualità di “sintonizzazioni” tra l’utente e il musico terapeuta facilitatore.
Setting

La strutturazione del setting in questo progetto ricopre una particolare importanza in quanto si considera non solo l’ambiente ovvero la stanza contenitore degli stimoli sensoriali ma anche le condizioni di esercizio, in particolare la relazione empatica che l’ambiente dovrebbe favorire con il musico-terapeuta che si avvale delle potenzialità dell’elemento sonoro-musicale per entrare in comunicazione con il soggetto. La Stanza Snz. presente in struttura è un ambiente preparato e progettato per fornire la massima stimolazione multisensoriale ed è suddivisa in zone attrezzate.
In linea con la “filosofia” degli ambienti Snoezelen (evidenziando gli aspetti di stimolazione sensoriale e di rilassamento da cui i creatori Jan Hulsegge e Ad Verheul sono partiti nel lontano 1975 con tale approccio) la stanza è luogo di opportunità e di sperimentazione personale quindi può definirsi anche luogo privilegiato d’incontro.
Questo è un setting particolare dove la combinazione di colori e suoni agisce da ambiente immersivo e regressivo che favorisce il rilassamento e nel caso specifico stempera la difficoltà di approccio interpersonale.
Lo strumento che più si è dimostrato utile ed necessario alla finalità progettuale è stata la poltrona vibrante.

La voce in musicoterapia
Un breve capitolo è dedicato al tema della voce e dei suoi possibili utilizzi nel contesto musicoterapico; una questione affrontata di rado all’interno della letteratura esistente, ma ricca di suggestioni teoriche e di sviluppi pratici.
In Italia la centralità della voce in musicoterapia è stata affermata dall’insegnamento di Giovanni Maria Rossi, padre camilliano e musicista, docente di vocalità al corso quadriennale di musicoterapia di Assisi.
Voce, persona e comunicazione sono i concetti che egli ha diffuso attraverso i seminari e i laboratori di vocalità: «…la parola musica comprende un mondo enormemente vasto e totalmente legato alla per-sona (da sòno =suono) …. Un’impostazione afona e lenta, oppure un’altra spinta e graffiante non sono forse veicolo della per-sonalità che io chiamo “personanza” di qualcuno?».
La musica non può staccarsi dall’essenza della persona che la compone e interpreta e la voce non può scindersi dalla persona che la emette.
Il rapporto tra espressione vocale ed emozione, affrontato sia in studi musicoterapici che psicoanalitici viene approfondito in Italia da terapisti tra i quali Gerardo Manarolo, Antonella Grusovin, Giulia Cremaschi. Altrove sono note le esperienze di Marie Louise Aucher e di Liliane Azinala in Francia, Gisela Rohmert in Germania che hanno stimolato la riflessione soprattutto nel campo che lega voce e sensorialità.
Per tutti gli studiosi che hanno affrontato il tema la voce è corpo, un agito corporeo che consente la scarica delle proprie emozioni. E’ di particolare importanza sottolineare questo aspetto in questo studio in quanto ogni variazione o sensibilizzazione che si porta alla voce e una variazione che si porta al corpo e viceversa. E’ una modalità aperta bidirezionale che deve ottenere attenzione soprattutto in un tempo storico in cui il gesto vocale e la stilizzazione timbrica sono spesso vittime di una scotomizzazione, di una separazione tra il sentire ed il fare.
Nella quotidianità il gesto vocale rientra raramente nella sfera della percezione; per esigenze difensive, per lo più, non si da ascolto a come si comunica ma al contenuto. Inoltre le consuetudini socio-culturali proprie della civiltà occidentale si sono impossessate nel tempo di alcune modalità fono-articolatorie e di modalità timbriche e hanno costruito su di esse degli stereotipi sonori.
Lo stereotipo vocale e la “maschera” possono esprimere un intento inibitorio e/o manipolatorio e possono essere impiegate per la definizione di un falso Sé. Il Soggetto ci parla attraverso uno stereotipo che rimanda, evoca un certo ruolo e tale maschera diventa un rigido elemento strutturante.

Integrazione della terapia vibroacustica (VAT)
L’obiettivo raggiunto attraverso l’utilizzo della poltrona vibrante e la scelta personalizzata di brani è quello di aver favorito un riequilibrio psico-fisico, un piacevole rilassamento riducendo anche le situazioni di tensione muscolare.
La particolarità di questo specifico approccio consiste nel fatto che alla ricezione acustica di frequenze, vengono associati timbri e strutture ritmico musicali mirate. Non si è trascurato, considerando l’importanza dell’esperienza sonoro-musicale, una scelta accurata della parte musicale, dove ogni singola traccia è stata scelta o proposta da utente e musico-terapeuta. La doppia percezione delle sequenze musicali e delle vibrazioni ad esse connaturate sono andate a sintonizzarsi e adattarsi alla dimensione ritmica della persona, influenzando lo stato di rilassamento e benessere visibili in fattori come il respiro e la postura spesso raccolta in posizione fetale. (abbandono delle difese di protezione del grembo materno).

STRUTTURA
La frequenza è il numero di ripetizioni del ciclo per secondo e si misura in Hertz (Hz).
La terapia vibroacustica (VAT) è un metodo terapeutico in cui vengono utilizzate vibrazioni di tono sinusoidale a basse frequenze pulsate.
La poltrona vibroacustica presente nella stanza permette di effettuare un massaggio sonoro. Le frequenze del massaggio (dai 30 ai 40 Hz si localizzano nella parte inferiore del corpo, tra i 40 e i 50 Hz interessano la parte del bacino e fino ai 120 nella parte superiore del corpo) sono trasferite direttamente all’utente per mezzo di trasduttori acustici, posti sotto un conduttore in legno che sottende alla struttura, in grado di trasmettere con efficacia basse frequenze.
Tutte le altre frequenze sono percepite dall’orecchio tramite casse amplificate non direttamente collegate alla struttura ma funzionali alla diffusione del suono nell’ambiente.
La percezione vibratoria è regolata in base alla sensibilità dell’utilizzatore e comunque è buona regola che sia meno evidente di quella uditiva ma gli effetti, in particolare delle basse frequenze, sono altrettanti e più significativi (è dimostrato in letteratura che vibrazioni meno intense sono più efficaci di quelle più robuste che finiscono per essere al contrario disturbanti se non addirittura negative o rifiutate).
Come si è già evidenziato precedentemente l’ascolto acustico dei brani veicola il contenuto razionale e simbolico del portato musicale, la vibrazione veicola il contenuto emotivo ed energetico della persona.

Risultati

La durata semestrale del progetto ha permesso di stabilire che si è verificato un vero cambiamento di condotta generale della persona soprattutto un accresciuto senso di fiducia, una forte riduzione di stati di chiusura con conseguente diminuzione di episodi di evitamento con coetanei, con gli operatori e nella vita quotidiana.
Inoltre si può affermare che l’ambiente Snoezelen ha intrinsecamente la capacità di creare benessere e quindi di migliorare lo status generale della persona. Questa conclusione è stata riconfermata in via descrittiva in questo studio e più rigorosamente da ricerche effettuate precedentemente. In primis dall’analisi statistica su parametri comportamentali quali benessere emotivo, grado di rilassamento, partecipazione e livello comunicativo che rispondevano agli obiettivi di una ricerca già condotta sull’oggettivazione del benessere. Per i primi due parametri (benessere emotivo e grado di rilassamento) la significatività statistica è stata osservata per valori di p <0.01. La stanza induce effettivamente stati di benessere che sono stati ulteriormente confermati dalla significatività statistica data dal confronto prima e dopo il trattamento dei valori di frequenza cardiaca e veicolazione di ossigeno nel sangue. E’ stato quindi fondamentale oggettivare i segnali dei parametri di gradimento che altrimenti sarebbero risultati puramente descrittivi.
Inoltre è importante sottolineare che l’introduzione della musicoterapia ha permesso allargare il trattamento verso più ampi obiettivi e sottolineare il miglioramento dei comportamenti adattivi.

Valutazione musicoterapica

Secondo quanto già descritto nel quadro valutativo del capitolo assessment iniziale, il percorso che si è iniziato non è stato facile ed è stato caratterizzato da discontinuità di valutazioni di risultato.
Dopo i colloqui informativi e di pianificazione del lavoro alla minore è stato presentato il progetto di musicoterapia a cui avrebbe partecipato. L’accoglienza, almeno verbale, della partecipazione è stata positiva ma al di là delle parole la difficoltà maggiore inizialmente è stata quella di superare la chiusura e la diffidenza.
Non si può parlare di vera e propria mancanza di collaborazione o di rifiuto all’attività proposta (la minore era disponibile a venire agli incontri), ma durante lo svolgimento rivelava una incredulità ad essere in grado di svolgere un’attività e un compito richiesto.
Almeno i primi sette/otto incontri sono stati caratterizzati da una modalità di proposta da parte del musico-terapeuta di attività sonore anche con strumenti ritmici nell’intento di avvicinare la persona al mondo sonoro e di metterla a suo agio prima di affrontare la vocalità e la produzione di testi di canzoni.
Si sono verificati alcuni momenti di tensione e di imbarazzo: la minore si chiudeva in silenzi prolungati distogliendo lo sguardo, assumendo posture chiaramente indicative di disagio, talvolta utilizzando elementi presenti nella stanza come le tende a led per nascondere il viso o parte del corpo.
Importante sottolineare che i momenti di più forte tensione o chiusura si succedevano immediatamente al momento in cui la persona raggiungeva un risultato. Qui emerge una sua paura ad individuarsi per il timore del fallimento.
Il tentativo di chiarire verbalmente il perché di tali comportamenti portava la minore a verbalizzare frasi come “Lasciami stare” o in alcuni casi (pochi) l’abbandono repentino della sessione.
Di prassi, la fase ermeneutica valutativa e la successiva presa in carico si accompagnano all’individuazione di quegli aspetti che maggiormente esprimono le potenzialità del soggetto (inclinazioni, gusti, preferenze, possibilità).
Il presupposto iniziale di condurre sessioni di musicoterapia attiva tramite l’interazione tra il musicoterapeuta e l’utente nel dialogo sonoro, non si è rivelato percorribile almeno non in una prima fase di lavoro.
E’ stato chiaro che la modalità esplorativa delle capacità o dei gusti del soggetto non solo non avrebbe prodotto risultati utili ma avrebbe portato gli incontri su un piano infruttuoso o di partecipazione obbligata ad un’attività oppure l’abbandono del progetto.
La necessità primaria era quella di trovare le modalità più adeguate in termini di tempo, intensità, contenuti e, nel contesto specifico, trovare il modo di approcciare il soggetto e di metterlo nelle condizioni di non-difesa abbandonando ogni strategia nota per così percorrere una nuova via.
Il passo successivo è stato quello di invitare la minore ad utilizzare la poltrona sonora non solo come fonte vibrazionale tramite sequenze musicali apposite ma anche come riproduttore sonoro di brani musicali.
Inizialmente i brani sono stati scelti dal musicoterapeuta nell’ottica della “musica per non pensare”.
Si è cercato di sfruttare il contrasto tra il contenuto formale (quello che si sente) di difficile ascolto per la complessità della scrittura musicale e il contenuto emotivo (che si coglie ma non si sente) di più facile individuazione.
Alcuni titoli:
– Erik Satie – Piano Dreams – Gymnopedie n°1
– John Cage – She is asleep – Duet for voice & prepared piano
– Cecilia Bartoli – Chant d'Amour – Ravel – Vocalise-étude en forme de habanera
– Cecilia Bartoli – Chant d’Amour – Ravel – Chanson Espagnole
– Philip Glass & John Cage – Music for piano by Philip Glass and John Cage – 'A room' (from She is asleep)
– Maurice Ravel – Trio in la minore per piano, violino e violoncello
– Pink Floyd – The dark side of the moon
– Miss Saigon – I still believe
Questo passaggio ha permesso un sospensione dei comportamenti difensivi e ha favorito una verbalizzazione, aiutata ma non diretta, sulle sensazioni ed emozioni provate, le immagini evocate, i ricordi provati durante l’ascolto.
Il racconto non si rivela particolarmente forte o ricco di particolari e il livello di intensità percepita si avvicina al medio basso ma emergono delle frasi significative in contrasto con il reale contenuto musicale proposto. Con un brano rock a forte impatto ritmico ed attivante il racconto esplicitato segna “questo brano mi sembra lento, mi fa venire sonno” mentre in altri ascolti è emersa la parola “sospeso” o la frase “mi fa sentire nel vuoto”.
La proposta di un quartetto per archi di Mozart ottiene un lapidario “mi da fastidio”.
La musica è accettata e considerata solo quando è caratterizzata da impulsività, rabbia, senso di vuoto, allontanamento da sé, senso di inadeguatezza e infelicità, meglio se è ripetitiva e di qualità ipnotica, al contrario mal tollerata quando esprime il bello “classico” con strutture lineari, modulazioni regolari, grandi strutture armoniche, dissonanze armoniche risolte.
La narrazione è stata per certi versi dosata dalla persona che ha iniziato a dire ma interrompendosi quando riteneva di aver detto troppo con “non so”, “boh”, “non mi ricordo”.
A dispetto di una certa povertà di linguaggio e di una serie di reticenze si è avvertito un netto cambio di direzione nella modalità di approccio e di relazione.
A partire da questo momento insieme alle proposte musicali del musicista la persona ha iniziato ad avanzare delle proposte di ascolto ovviamente molto più in linea con l’età e con il gusto contemporaneo pur apprezzando e talvolta chiedendo brani già ascoltati.
E’ iniziato una sorta di viaggio musicale dove all’interno delle proposte di ascolto volute dalla persona stessa si dipanava un racconto con elementi autobiografici ma detto tramite testi di canzoni di altri. La scelta operata apparentemente per gusto “questa canzone mi piace”, optava per testi non neutri, simbolici, distinguibilmente referenti a pensieri o situazioni della persona stessa. Il soggetto ancora non ha particolare attenzione per gli elementi musicali di una canzone, la vocalità impiegata, la struttura ritmica o armonica ma ha un focus sul messaggio verbale, sul significato del contenuto.
I brani di riferimento sono essenzialmente tratti dal repertorio rap con alcuni nomi di riferimento quali Emis Killa e Fedez.
Poco alla volta arriva anche l’attenzione ad altri fattori musicali e in particolare alla vocalità riconoscendone un valore aggiunto segnalato da frasi come “si lo so che il brano non è un gran che, la voce non è bella….”
Da notare che in questa fase l’ingresso in stanza è più scherzoso meno impacciato e la persona senza alcuna direttiva si dirige spontaneamente verso la poltrona.
La postura sulla poltrona vibrante assume due precise connotazioni: una distesa e rilassata all’inizio e una più abbandonata e volta verso una posizione fetale dopo un certo tempo di ascolto (tempo non calcolabile, variabile di volta in volta per situazione e musica).
In alcune sessioni verso la metà dell’incontro si assisteva ad un progressivo assopimento da non vedere come un segnale di noia ma come il preciso risultato degli effetti luminosi regressivi uniti alla vibrazione in bassa frequenza e di un progressivo stato di abbandono/fiducia.
Un successivo passo è stato la consegna da parte del musicoterapeuta di analizzare brani che fossero maggiormente strutturati, cantati e non rappati e di invitare la minore a seguirli con la voce.
Alcuni Brani:
– John Legend – All of me
– Alessandra Amoroso – Stupida
– Alessandra Amoroso – Bellezza, incanto e nostalgia
– Christina Aguilera – Beautiful

L’utilizzo della voce è inizialmente molto timido e discontinuo, stonato per un apporto energetico, troppo scarso per essere efficiente ma poi diventa più sicuro, efficace ed intonato e copre sostanzialmente tutta la tessitura vocale anche di brani esposti verso la zona acuta.
La nuova fase permette al musicoterapeuta di poter esigere dei compiti senza temere comportamenti di chiusura o rifiuto, nel peggiore dei casi di entrare in dialettica verbale.
A parte rari episodi isolati e contestualizzabili di comportamenti non congrui, il confronto è franco e favorevole, la sessione normalmente si svolge serena, la minore si incuriosisce di vari aspetti musicali ed è disponibile a mostrare gusti personali.
La nuova disponibilità permette di raggiungere un nuovo obiettivo ovvero quello di cantare senza dover ricorrere alla voce originaria del brano come giuda ma servendosi di altri tipi di supporto quali basi musicali o preferibilmente con accompagnamento alla chitarra.
Il compito è più complesso e non sempre altrettanto gratificante ma la minore accetta serenamente i risultati raggiunti riconoscendone i limiti senza trarne elementi di sfiducia ma giustificando il suo fare con una poca pratica del canto spesso verbalizzando “più si canta, più si migliora”.
La richiesta è di cantare in maniera precisa, intonata e con volume adeguato quindi è implicito che non è accettabile un risultato prodotto in un modo qualunque.
L’ultima fase ha visto anche l’elaborazione di testi sulla base di linee melodiche sostenute dalla chitarra, in quanto scritte e composte insieme e durante gli incontri; segnale, questo, di una raggiunta relazione empatica, di un clima disteso, di fiducia e talvolta anche di scambio vivace.
Il percorso fin qui descritto non si è svolto in modo così lineare e progressivamente uniforme, ci sono state aperture insperate e repentine chiusure, “litigi” e riappacificazioni ma considerate le premesse e le difficoltà iniziali quanto si è ottenuto è da considerarsi straordinario.
A detta degli educatori, nella quotidianità si sono percepite delle modificazioni nel comportamento: la minore per esempio riesce maggiormente ad esprimere le sue emozioni con un aumento dell’autostima.
Negli incontri di supporto psicologico lo psicologo riferisce che la minore approfondisce i vissuti con una maggiore capacità di mentalizzazione, che contiene il dolore e la parola assume una connotazione non solo descrittiva ma anche emotiva.