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“SIATE
IL VOLTO AMABILE 
ACCANTO AI SOFFERENTI”

ESORTAZIONE AGLI OPERATORI SANITARI.
(GIOVANNI PAOLO II).

Mai nessuna esortazione è stata così efficace e adatta ,se pensiamo ai medici ed a tutti gli operatori sanitari che si occupano e che si sono occupati di dolore ,in maniera continua e continuativa durante tutta la loro attività lavorativa.
Dal 1987 ho reso operante un Centro autonomo di Terapia Antalgica come Primario ospedaliero presso l’Ospedale Maggiore di Verona. Provenivo dall’Anestesia e Rianimazione come Primario della rianimazione cardiochirurgia, come Primario Anestesista rianimatore, presso la I Chirurgia Clinicizzata e sempre ,nella funzione di Primario di Anestesia, presso il reparto di Otorinolaringoiatria sempre dello stesso Ospedale.
In tutti gli anni della mia carriera ospedaliera sono stato Professore a contratto presso l’Istituto di Anestesia e Rianimazione e terapia del Dolore dell’Università di Verona e presso la Scuola di specializzazione in Chirurgia d’urgenza e Pronto Soccorso.
Il razionale della mia presenza on-line è l’esigenza di continuare a dare informazioni utili, in tema di terapia antalgica; sull’uso dei farmaci, sulla loro interazione, sulle loro indicazioni e controindicazioni oltre a segnalare dopo anni di esperienza ,risoluzione di patologie rare, dolorose che sono state risolte con la continua osservazione ,in tanti anni di studio, evitando anche ad altri, errori di valutazione, complicanze e sequele oltre a trattamenti inutili ed inefficaci.
In relazione al titolo che caratterizza l’home page di questo sito, credo e sono sicuro di essermi comportato secondo gli incitamenti e gli insegnamenti da Ipocrate ,fino alle parole di Giovanni Paolo II e di essermi avvicinato a tutti i pazienti con scienza e coscienza e con quella empatia che è caratteristica della propria educazione, del proprio stile e della eredità, che abbiamo ottenuto dai nostri genitori.
Oggi sappiamo, da recente studio pubblicato nella rivista scientifica Science, che se sì assiste al dolore di una persona cara, vengono attivate le stesse aree corticali che provocano dolore in chi realmente lo soffre ,come se anziché sofferenza e empatia di chi assiste ,sia percepito un vero, intenso e reale dolore fisico.
Questo sentimento io lo ho avvertito molte volte e ho colto la sofferenza associata a dolore fisico, di fronte a pazienti che hanno suscitato in me molta emozione.
Anzitutto, sarebbe bene dare una definizione del dolore ,inizialmente di tipo semantico: il che non è facile. Si potrebbe definire come l’opposto del piacere.
E se l’amore ,rifacendoci a Proust, non è che il potere che noi conferiamo alla persona amata di farci felici o infelici ,ecco che ancora ci riallacciamo al dolore fisico o morale che esso sia.
Ma di fronte al dolore fisico che colpisce una persona indifesa, quale può essere un bambino, tute le definizioni cadono e resta valido solamente dire che il dolore è un mistero.
Ma il concetto che ognuno di noi ha del dolore, quella che io chiamo sacralità del dolore, l’abbiamo ereditato da migliaia di anni.
Se pensiamo a quel versetto biblico rivolto alla donna “tu partorirai con dolore” e ,all’altro rivolto all’uomo, “tu lavorerai” inteso come condanna, ecco perpetuarsi lungo i secoli, prima nella civiltà ebraica poi nella civilta cristiana ,questo concetto del dolore quale espiazione del peccato e quale mezzo prezioso, per l’acquisizione della felicità ultraterrena.
Molto spesso nella civiltà cristiana abbiamo trovato in passato non solo l’esortazione alla sopportazione rassegnata del dolore ,ma come addirittura, il dolore elevato a segno, come segno sacro dell’amore divino.
Forse qui qualche Collega non più giovane ricorda all’inizio della sua carriera come dall’innocente suora di turno venisse lesinato un analgesico, nel dolore post-operatorio: perché questo dolore serviva, per diminuire i giorni di purgatorio da scontare. In contrapposizione a questo concetto di dolore, troviamo invece le civiltà d’alto sviluppo, le cosiddette civiltà edonistiche che hanno decisamente rifiutato il dolore. Ed ecco di tale mentalità ,la declamazione attraverso i mass-media della vittoria sulla malattia e sul dolore e il “cattivo gusto” di accettare, il cadavere truccato come vivo, i cimiteri trasformati in splendidi parchi con tombe, dove ad ore stabilite suonano i carillon.
L’argomento diventa più complicato quando pensiamo a ciò che l’umanità deve al dolore.
In questo caso esso potrebbe essere definito il sale della terra.
Basta pensare a Michelangelo, Leonardo, Mozart: senza la loro solitudine e il loro dolore fisico e morale non avremmo il Giudizio della Sistina, i Codici delle macchine volanti, la bellezza struggente del Requiem.
Purtroppo si dà il fatto che è assai improbabile che un giocatore di football, scriva l’Infinito.
Ma quando il dolore diventa quotidiana miseria, mi sembra un po’ letterario fare l’elogio del dolore, anche se Erasmo ha scritto l’Elogio della pazzia.
Quando il dolore consuma un uomo fino a togliergli non solo l’unico bene qual è la dolcezza del vivere ma la sua stessa dignità, io mi sento profondamente grato a tutti i miei Colleghi che hanno dedicato la loro attività nel combatterlo.

Prof. Dott. Gianluigi Fanchiotti

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